Alfredo Protti, “Le porcellane”, 1924, olio su tela.
Olio su tela cm 92 x 62. Firmato e datato in basso a destra "A. Protti 5.3.24".
Quest’opera appartiene alla fase di maturità dell’artista: il soggetto è una giovane donna, vestita di verde; con vispe e larghe pennellate Protti riesce a catturare le balze dello chiffon dell’abito e i bruni capelli vaporosi. La graziosa figura è intenta a posare un set di porcellane d’ispirazione orientale, presente già in altre opere dell’artista come L’Odalisca (1920) e in Allo specchio (1921-22), su un vassoio in legno dipinto con motivi floreali che funge anche da contenitore in Il portagioie (1925).
BIOGRAFIA
Alfredo Protti nasce a Bologna nel 1882, da famiglia di umili origini, il padre infatti era staderaio. Nonostante ciò riesce comunque a compiere studi regolari e ad iscriversi all’Accademia di belle arti di Bologna, sotto la guida di Domenico Ferri. Allievo tanto talentuoso quanto indisciplinato e insofferente agli accademismi, specie quelli di Rubbiani e del neomedievalismo, abbraccia il nuovo ideale di artista intellettuale di altri suoi giovani contemporanei, in piena chiave secessionista.
Alfredo Protti debutta nella primavera del 1905, quando alla mostra collettiva organizzata dall’associazione Francesco Francia di Bologna espone il suo Ritratto del Fattorino. Questo segna l’inizio di un periodo fortunato per la sua carriera artistica: dal 1906, infatti, partecipa e viene premiato alle sei edizioni successive della rassegna; nel 1908 è invitato all’Esposizione di Belle Arti alla Permanente di Milano e l’anno successivo alla Biennale di Venezia. In questi anni il giovane Protti, affascinato dalla grazia suggestiva e ricercata di pittori come Whistler e Sargent, ritrae principalmente giovani donne d’estrazione borghese, come in Adolescenza (1905), dove il candore luminoso della bianca sottoveste, quasi parallelo alla timidezza della fanciulla, si staglia con forza cromatica contro la scurissima carta da parati; oppure in Ventaglio Blu (1906), la cui protagonista fissa l’osservatore con sguardo scrutatore, mentre la cresta del ventaglio sottolinea la curva delle labbra. La Biennale di Venezia è stato il trampolino di lancio per successive grandi mostre internazionali, tra cui Parigi, San Francisco e Monaco. Nel 1913 è anche ospite della prima edizione di esposizioni della Secessione a Roma, conclusasi prematuramente con l’ingresso dell’Italia in guerra. Sono anni di eccessi di libertà per Protti, che dipinge senza stesure rifinite e la cui pittura possiede una vitalità cromatica che ritrova nella delicata sensualità delle figure il rococò di Boucher, Watteau e Fragonard, da cui l’artista era particolarmente ispirato, come in la Fiorina Addormentata (1911).
Gli anni successivi al periodo bellico sono quelli della maturità artistica di Protti, che svolge un ritorno all’ordine tutto suo, in cui le rese volumetriche delle figure ricordano quello degli esordi, sebbene la tavolozza si faccia più tenue e tonale; l’artista diventa un osservatore nascosto, che ritrae con naturalezza giovani borghesi intente nei loro gesti quotidiani e disinvolti, entrando nell’intimità delle loro camere private: Protti dipinge le sue donne senza idealizzarle, con i loro sguardi pensosi come in Tigretta (1925) o mentre si scrutinano allo specchio (Maschietta, 1920).
La particolarità della pittura di Protti è il suo modo di trattare il nudo, certamente seducente (come in Tutù bianco, 1920/22 o in Toilette 1921), il cui erotismo è sublimato in una dolcezza femminile tanto voluttuosa quanto vera e tangibile. Non ci sono le ombre del peccato sui volti delle fanciulle di Protti, anzi; i loro visi vengono spesso ritratti di scorcio, o tramite il trompe l’oeil di uno specchio, come in Nuda tra i fiori (1919), facendo trasparire un certo senso di pudore ed una sessualità velata e sensibile. In questi anni partecipa a varie rassegne d’arte contemporanea, tra cui la Quadriennale di Torino, la Biennale di Roma e la Fiorentina Primaverile, mentre nel 1920 ottiene la Cattedra di Pittura a Ravenna; il carattere introverso di Protti mal si adatta all’insegnamento e vi rinuncia dopo soli due anni.
Sul tramontare degli anni Venti l’opera di Protti è accantonata dai suoi contemporanei, concentrate sulle nuove tendenze artistiche, mentre negli anni ’30 l’artista non partecipa a nessuna mostra importante; per ragioni economiche, accetta nel 1931 un incarico dall’Accademia di Belle Arti di Bologna e successivamente la Cattedra di Figura al liceo a Artistico della stessa città, rimanendovi fino al 1940. In questo periodo conduce un’esistenza tranquilla e riparata dai riflettori e la sua espressione artistica muta di conseguenza: nelle sue opere cominciano ad apparire paesaggi e teneri ritratti dell’amata moglie, nonché diversi esercizi in varie pose del loro gatto Tom. Alfredo Protti, già malato da anni, si spegne a Bologna nel 1949.
L’anno seguente la già citata associazione “Francesco Francia” e l’accademia Clementina di Bologna creano una grande mostra retrospettiva all’anniversario della morte dell’artista, per poi organizzarne un’altra nel 1971 contenente ben 125 sue opere. Da maggio a giugno 1991 viene svolta una mostra antologica con patrocinio dei comuni di Bologna e di Milano al Palazzo della Permanente; durante questi decenni si alternano mostre di gallerie private bolognesi, tra cui la Galleria 56. Le opere di Alfredo Protti sono conservate anche all’interno della Galleria Nazionale d’arte Moderna di Roma e della sua città natale.
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