Scuola Italiana

(attr. a Pietro Morgari)



Scuola Italiana, "Donna circassa", II metà XIX secolo

Olio su tela, cm. 131 x 97,5


Attribuito a Pietro Morgari (Torino, 1852 – Londra, 1885) da

Dott. Cav. Arabella Cifani, Storico dell’Arte, Perito d’Arte del Tribunale di Torino, Iscritta al Ruolo dei Periti e degli Esperti della Camera di Commercio di Torino


Protagonista del dipinto è una giovane donna in abiti orientali, colta in atto meditativo, mentre con la mano destra giocherella con una colonna di turchesi. Un bell’effetto di luce ne scolpisce da sinistra la figura. La donna porta in capo un caratteristico copricapo ricamato a calotta con un perno centrale, tipico delle donne circasse. Completano il suo abbigliamento un’ampia camicia bianca e un manto azzurro trapunto di stelle dorate. Nello sfondo, arabeschi di tipo orientale e iscrizioni (non reali) a caratteri cufici. Sterminati dall’esercito zarista di Alessandro II, i circassi superstiti migrarono verso il 1864 in Turchia; abili guerrieri vennero assoldati dal sultano, ma la cultura e le tradizioni circasse emigrarono nella seconda metà dell’Ottocento anche in paesi arabi e orientali. I sultani turchi ritenevano da sempre che le donne circasse fossero fra le più belle del mondo e molte di loro rapite vivevano come schiave nell’harem; la loro leggenda divenne una sorta di simbolo nell’ambito dell’orientalismo occidentale, soprattutto nel campo pittorico. Sia in Europa che in America, le circasse furono così identificate come ideale di bellezza femminile nella poesia e nell’arte. L’abbigliamento della donna, qui oggetto di studio, trova precisi riscontri in stampe d’epoca.

Il quadro si inserisce perfettamente all’interno di quella vena di pittura orientalista, che durante tutto l’Ottocento si diffuse in Europa e Stati Uniti. Fu un genere di grande gradimento i cui ultimi epigoni operarono fino agli anni Venti del Novecento. Temi ricorrenti della pittura orientalista erano bazar, vicoli, deserti, moschee, paesaggi con antiche rovine, il Nilo, la Terra Santa, l’harem, il bagno turco, le schiave e le odalische. Molte dame europee posarono per questo genere di dipinti, trasformandosi, quasi per gioco, in orientali.
Di grande interesse artistico, l’opera è attribuibile al raro e prezioso pittore torinese Pietro Morgari. Morgari è purtroppo ancor poco noto alla critica, pur essendo stato un artista assai moderno, di stampo e di apertura culturale veramente europea.


BIOGRAFIA
Nacque a Torino nel 1852 in una famiglia di illustri artisti, figlio del celebre pittore Rodolfo Morgari. Pietro fu forse il più originale dei numerosi artisti appartenenti alla sua famiglia, che per più di un secolo operò soprattutto in Piemonte. Era anche cugino del decoratore Luigi Morgari, che affrescò molte chiese della Bergamasca e del Piemonte tra il 1896 e il 1924.
Ricevette una prima educazione artistica in famiglia; negli anni Sessanta si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Torino, dove fu allievo di Andrea Gastaldi e di Enrico Gamba. Il suo esordio avvenne alla Promotrice di Torino nel 1872 con il quadro La povera Imelda, al quale segue nel 1874 il grande successo di Almea, un dipinto di argomento esotico, recentemente riapparso sul mercato e che presenta significativi punti di contatto con il quadro qui in analisi.

Nel 1873 incominciò ad esporre prima alla Promotrice di Genova, continuando in seguito a quella di Torino, alla quale partecipò fino al 1884, con grande consenso di critica e di pubblico, tanto che le sue tele furono spesso collezionate anche dai Savoia. Espose pure a Roma nel 1883. Nel corso della carriera espose a Parigi, Londra, passando dal ritratto, al nudo, al soggetto storico e a quadri di animali, in cui specialmente si affermò. La passione per le raffigurazioni di animali lo portò anzi alla celebrità nel settore della pittura animalista, con rappresentazioni di cani bellissimi, spesso di effetto illusivo straordinario e con ambientazioni raffinate e molto verosimili. Alcune sue opere furono acquistate dal Re d’Italia, dal Duca d’Aosta e dalla Regina Margherita. Nel 1855, o poco prima, si trasferì definitivamente a Londra, dove una rovinosa passione per una donna lo spinse al suicidio il 29 settembre 1885. L’interesse sempre ottenuto in Inghilterra dalle sue te tele lo indusse a firmarsi spesso come “Morgary” o “Margary”.

Pietro Morgari fu anche uno squisito ritrattista; la Galleria d’Arte moderna di Torino conserva una ricca serie di suoi ritratti. Il quadro, qui oggetto di studio, è un’opera di grande interesse, certamente uno dei suoi quadri più riusciti. Considerando la qualità dell’opera e lo stile, la datazione dovrebbe essere collocata negli anni Settanta, non troppo lontano da quella della Almea.

Il confronto con le altre tele dell’artista appare molto significativo e convincente, soprattutto considerando il particolare gusto nei tagli dei ritratti e degli sfondi all’orientale.

Ne è un esempio il dipinto della Donna col cane dell’Hospitalfield in Scozia, dipinto datato e firmato nel 1876, dove compare uno sfondo orientaleggiante non troppo lontano da quello della Circassa.

Altri significativi confronti possono essere portati con opere presenti in collezioni pubbliche o private (la maggior parte delle opere di Pietro Morgari sono a tutt’oggi in collezioni private); da tutti si evince che suo tratto caratteristico è una pennellata rapida, con forti contrasti cromatici e intensa luminosità, grazie alla quale l’artista riusciva ad indagare con acuta sensibilità la psicologia del personaggio effigiato. La particolare trattazione dello sfondo, inteso come una sorta di “basso continuo” decorativo, soffuso e discreto ma ben presente, compare anche in altre tele, come in un ritrattino di signora, noto solo tramite una carta postale che lo riproduce, datata e firmata dal pittore nel 1879. E poi ancora in un ritratto di donna con cane del 1881. Da notare anche i rapporti stilistici con alcune opere passate recentemente sul mercato antiquario.

Come si può notare, in tutti i quadri presentati appare presente una pittura sapiente ben modulata nell’uso dei colori e che, a mano a mano che il pittore viaggia ed entra in contatto con l’arte europea più aggiornata del periodo, diviene sempre più sorprendentemente moderna. Nel nostro dipinto, pur con attenzione ad una rappresentazione veristica di luoghi e fatti, è presente una pennellata vaporosa, utilizzata, in particolare, per la definizione dello sfondo.

Su Pietro Morgari mancano purtroppo ancora studi organici; anche la bibliografia che lo riguarda è assai ridotta. Si tratta comunque di una personalità di grande interesse e fascino, la cui vita, ancora misteriosa e poco conosciuta, come sottolineava Alessandro Stella nel 1893, “sarebbe soggetto da romanzo moderno, meditato con gli alti intendimenti morali ed estetici proprii ai fratelli De Goncourt e di Bourget”.




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