Dipinto orientalista  fanciulla occidentale vestita da odalisca


Epoca: Ottocento


Dipinto olio su tela raffigurante fanciulla occidentale vestita da Odalisca in abiti orientali assorta alla finestra all'interno di un Harem. Scuola italiana della seconda metà del XIX secolo. Misure 131x97,5 cm. Le principesse insieme alle odalische e alle schiave provenienti da ogni regione del vasto impero turco (greche, giorgiane, circasse) trascorrevano il tempo fra pranzi, fumo della pipa, caffè, tè e lunghe conversazioni. Solo verso sera scendevano in giardino, preceduta dagli eunuchi che facevano ritirare eventuali visitatori. A volte qualche dramma rabbuiava la monotonia della vita quotidiana: capitava che il padrone s'invaghiva di una schiava che gli dava un figlio e che la padrona, colta da violenta gelosia, riunchiudeva la povera ragazza in una cella. Tuttavia è erroneo supporre che le donne turche fossero infelici, poichè, oltre la suprema felicità di crescere la prole e divenire affettuose madri, non mancavano di passatempi come la danza, il canto, i bagni, le passeggiate, il vestire e persino l'ozio che era considerato come uno dei piaceri della vita.


Dott. Cav. Arabella Cifani, Storico dell’Arte, Perito d’Arte del Tribunale di Torino,

Iscritta al Ruolo dei Periti e degli Esperti della Camera di Commercio di Torino


Pietro Morgari (Torino, 1852 – Londra, 1885)

Donna circassa

Olio su tela

Misure: cm. 131 x 97,5


Protagonista del dipinto è una giovane donna in abiti orientali, colta in atto meditativo, mentre con la mano destra giocherella con una colonna di turchesi. Un bell’effetto di luce ne scolpisce da sinistra la figura. La donna porta in capo un caratteristico copricapo ricamato a calotta con un perno centrale, tipico delle donne circasse. Completano il suo abbigliamento un’ampia camicia bianca e un manto azzurro trapunto di stelle dorate. Nello sfondo, arabeschi di tipo orientale e iscrizioni (non reali) a caratteri cufici. Sterminati dall’esercito zarista di Alessandro II, i circassi superstiti migrarono verso il 1864 in Turchia; abili guerrieri vennero assoldati dal sultano, ma la cultura e le tradizioni circasse emigrarono nella seconda metà dell’Ottocento anche in paesi arabi e orientali. I sultani turchi ritenevano da sempre che le donne circasse fossero fra le più belle del mondo e molte di loro rapite vivevano come schiave nell’harem; la loro leggenda divenne una sorta di simbolo nell’ambito dell’orientalismo occidentale, soprattutto nel campo pittorico. Sia in Europa che in America, le circasse furono così identificate come ideale di bellezza femminile nella poesia e nell’arte. L’abbigliamento della donna, qui oggetto di studio, trova precisi riscontri in stampe d’epoca.

Il quadro si inserisce perfettamente all’interno di quella vena di pittura orientalista, che durante tutto l’Ottocento si diffuse in Europa e Stati Uniti. Fu un genere di grande gradimento i cui ultimi epigoni operarono fino agli anni Venti del Novecento. Temi ricorrenti della pittura orientalista erano bazar, vicoli, deserti, moschee, paesaggi con antiche rovine, il Nilo, la Terra Santa, l’harem, il bagno turco, le schiave e le odalische. Molte dame europee posarono per questo genere di dipinti, trasformandosi, quasi per gioco, in orientali.
Di grande interesse artistico, l’opera è attribuibile al raro e prezioso pittore torinese Pietro Morgari. Morgari è purtroppo ancor poco noto alla critica, pur essendo stato un artista assai moderno, di stampo e di apertura culturale veramente europea.
Nacque a Torino nel 1852 in una famiglia di illustri artisti, figlio del celebre pittore Rodolfo Morgari. Pietro fu forse il più originale dei numerosi artisti appartenenti alla sua famiglia, che per più di un secolo operò soprattutto in Piemonte. Era anche cugino del decoratore Luigi Morgari, che affrescò molte chiese della Bergamasca e del Piemonte tra il 1896 e il 1924.
Ricevette una prima educazione artistica in famiglia; negli anni Sessanta si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Torino, dove fu allievo di Andrea Gastaldi e di Enrico Gamba. Il suo esordio avvenne alla Promotrice di Torino nel 1872 con il quadro La povera Imelda, al quale segue nel 1874 il grande successo di Almea, un dipinto di argomento esotico, recentemente riapparso sul mercato e che presenta significativi punti di contatto con il quadro qui in analisi.

Nel 1873 incominciò ad esporre prima alla Promotrice di Genova, continuando in seguito a quella di Torino, alla quale partecipò fino al 1884,

con grande consenso di critica e di pubblico, tanto che le sue tele furono spesso collezionate anche dai Savoia. Espose pure a Roma nel 1883. Nel corso della carriera espose a Parigi, Londra, passando dal ritratto, al nudo, al soggetto storico e a quadri di animali, in cui specialmente si affermò. La passione per le raffigurazioni di animali lo portò anzi alla celebrità nel settore della pittura animalista, con rappresentazioni di cani bellissimi, spesso di effetto illusivo straordinario e con ambientazioni raffinate e molto verosimili. Alcune sue opere furono acquistate dal Re d’Italia, dal Duca d’Aosta e dalla Regina Margherita. Nel 1855, o poco prima, si trasferì definitivamente a Londra, dove una rovinosa passione per una donna lo spinse al suicidio il 29 settembre 1885. L’interesse sempre ottenuto in Inghilterra dalle sue te tele lo indusse a firmarsi spesso come “Morgary” o “Margary”.

Pietro Morgari fu anche uno squisito ritrattista; la Galleria d’Arte moderna di Torino conserva una ricca serie di suoi ritratti. Il quadro, qui oggetto di studio, è un’opera di grande interesse, certamente uno dei suoi quadri più riusciti. Considerando la qualità dell’opera e lo stile, la datazione dovrebbe essere collocata negli anni Settanta, non troppo lontano da quella della Almea.

Il confronto con le altre tele dell’artista appare molto significativo e convincente, soprattutto considerando il particolare gusto nei tagli dei ritratti e degli sfondi all’orientale.

Ne è un esempio il dipinto della Donna col cane dell’Hospitalfield in Scozia, dipinto datato e firmato nel 1876, dove compare uno sfondo orientaleggiante non troppo lontano da quello della Circassa.

Altri significativi confronti possono essere portati con opere presenti in collezioni pubbliche o private (la maggior parte delle opere di Pietro Morgari sono a tutt’oggi in collezioni private); da tutti si evince che suo tratto caratteristico è una pennellata rapida, con forti contrasti cromatici e intensa luminosità, grazie alla quale l’artista riusciva ad indagare con acuta sensibilità la psicologia del personaggio effigiato. La particolare trattazione dello sfondo, inteso come una sorta di “basso continuo” decorativo, soffuso e discreto ma ben presente, compare anche in altre tele, come in un ritrattino di signora, noto solo tramite una carta postale che lo riproduce, datata e firmata dal pittore nel 1879. E poi ancora in un ritratto di donna con cane del 1881. Da notare anche i rapporti stilistici con alcune opere passate recentemente sul mercato antiquario.

Come si può notare, in tutti i quadri presentati appare presente una pittura sapiente ben modulata nell’uso dei colori e che, a mano a mano che il pittore viaggia ed entra in contatto con l’arte europea più aggiornata del periodo, diviene sempre più sorprendentemente moderna. Nel nostro dipinto, pur con attenzione ad una rappresentazione veristica di luoghi e fatti, è presente una pennellata vaporosa, utilizzata, in particolare, per la definizione dello sfondo.

Su Pietro Morgari mancano purtroppo ancora studi organici; anche la bibliografia che lo riguarda è assai ridotta. Si tratta comunque di una personalità di grande interesse e fascino, la cui vita, ancora misteriosa e poco conosciuta, come sottolineava Alessandro Stella nel 1893, “sarebbe soggetto da romanzo moderno, meditato con gli alti intendimenti morali ed estetici proprii ai fratelli De Goncourt e di Bourget”.


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ORIENTALISMO


Orientalismo indica una tendenza, un gusto in arte che vuole rappresentare e riprendere aspetti della cultura mediorientale e asiatica. Non si tratta di un movimento vero e proprio perché non caratterizza uno stile in particolare, quanto invece una scelta dei temi, dell’iconografia. Artisti appartenenti a correnti diverse, come impressionisti, romantici e altri, hanno prodotto opere riconducibili a questa particolare corrente.
Questo fenomeno è caratterizzato dall’interesse generale per i temi orientali e dall’ammirazione per le civiltà del Mediterraneo, della Penisola araba e dell’Asia centro-meridionale. L’interesse scaturisce inizialmente con la riscoperta di questi luoghi durante la spedizione napoleonica del 1798 in Egitto, nella quale vengono coinvolti anche diversi esperti tra disegnatori, archeologi, esploratori e scienziati, i quali documentano aspetti della cultura locale che poi fanno conoscere in Europa. Il fascino di questo mondo così misterioso e lontano per gli europei cresce nella seconda metà dell’Ottocento, alimentato, ad esempio, dalla decifrazione di Champollion dei geroglifici e dalle descrizioni degli esploratori che compiono viaggi nel mitico Oriente.
Il paese nel quale la fortuna dell’orientalismo ha inizio è la Francia; ha interessato poi anche gli altri paesi europei.
I soggetti più frequentati sono, ad esempio, i bazar colorati, i vicoli e le piazze delle città brulicanti di venditori, il deserto con le carovane e i cammelli, le rovine di antichi monumenti, le moschee e i riti dell’Islam. La figura della donna è preponderante in questo tipo di dipinti: spesso è raffigurata all’interno dell’harem, il gineceo orientale che ha sempre affascinato gli occidentali. Qui si trovano figure femminili misteriose, spesso in pose sensuali o provocanti. Spesso si trovano impegnate nella cura del corpo o mentre danzano, oppure in un momento di riposo. Si trovano le cosiddette odalische, concubine o schiave che stanno insieme alle mogli.
Gli ambienti dell’harem e, insieme a questo, dell’hammam, il bagno turco, vengono rappresentati ricchi di decorazioni architettoniche e con arredi ricoperti da tessuti preziosi.

Fra gli artisti che si dedicano ai temi orientali ve ne sono diversi che non avevano mai visitato l’Oriente: prendono ispirazione dai disegni dei viaggiatori e dalla propria immaginazione. Alcuni, invece, intrapresero lunghi viaggi e cercarono di dare un aspetto più simile al vero della realtà ritratta nei loro dipinti. 


COLLEZIONISMO
Mentre nel Settecento si guarda all’Estremo Oriente e si desiderano i mobili e le porcellane ispirati all’arte cinese, nell’Ottocento diventa di tendenza il Vicino Oriente mediterraneo e delle zone della Persia e dell’Arabia. Le aristocrazie europee avevano sempre avuto l’interesse per i luoghi reputati esotici, diversi dai propri. Dopo la campagna napoleonica in Egitto e lo studio dell’antica civiltà egizia scoppia l’egittomania che interessa tutto ciò che proviene dall’Egitto. Anche l’Impero Ottomano ha un certo fascino, tanto che molti europei si fanno ritrarre con abiti di ispirazione turca.
Il fascino di queste terre lontane, ricche ed esotiche, viene spesso immaginato per come è tramandato dalle Mille e una notte, raccolta di fiabe orientali che diviene assai popolare. I dipinti orientalisti che vengono prodotti durante questa stagione riproducono nel dettaglio questi luoghi e sono in molti casi di elevato interesse storico. Sono opere di grande qualità che anche ai giorni nostri vengono molto apprezzate e sono sempre più ricercate a livello internazionale.


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